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4/12/2017
I robot parlano italiano

Non solo Giappone e Stati Uniti. L’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa, il Dipartimento di Informatica e Automazione dell’Università Roma Tre, il Laboratorio di Automazione e Robotica dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, il Prisma Lab e il Prisca Lab dell’Università di Napoli Federico II sono alcuni dei numerosi centri di ricerca che l’Italia può vantare in fatto di robotica, con applicazioni che spaziano dal mondo industriale alla medicina, dalla didattica alla grande distribuzione. L’eccellenza italiana è riconosciuta a livello internazionale, tanto che nell’ambito del Settimo Programma Quadro della Comunità Europea, alle isituzioni nostrane è andato il 16,5% dei finanziamenti complessivi per progetti di robotica. 

Uno dei robot italiani di maggior successo nell’ultimo periodo è e.Do, il progetto promosso dalla torinese Comau che viene già utilizzato in molte scuole. Si tratta di un robot modulare e open-source, che può essere montato in autonomia assemblando i pezzi inclusi nel kit iniziale. e.Do è in grado di prendere e spostare oggetti, può essere usato come un veicolo per effettuare piccoli trasporti, è capace di aiutare gli studenti in classe eseguendo semplici operazioni.  

L’aspetto più interessante di questo progetto è la possibilità di personalizzazione, poiché e.Do è sostanzialmente una piattaforma che le scuole, ma anche le aziende e le organizzazioni che lo stanno testando, possono arricchire di funzioni a seconda delle proprie necessità, grazie a un’interfaccia utente molto intuitiva.  

Alla Maker Faire, che si è conclusa proprio ieri a Roma, è stato invece presentato Rodyman, il sistema robotico pensato per la manipolazione di oggetti morbidi o deformabili. Frutto di un importante programa di ricerca, questo robot viene tecnicamente definito “non prensile” e potrà essere impiegato in svariate attività, tra cui ad esempio la preparazione dei cibi: una delle dimostrazioni più applaudite lo ha visto cimentarsi in un perfetto impasto per la pizza. 

Rodyman avrà anche applicazioni più complesse. Potrà infatti essere utile in chirurgia, grazie alla capacità di superare uno dei limiti dei robot finora usati in sala operatoria, cioè l’incapacità di avere percezione tattile. Se l’Economist ha calcolato che nel mondo sono già attivi oltre 4 mila robot chirurgici, in grado di portare a termine 750 mila interventi l’anno, Rodyman potrebbe diventare il braccio destro del nostro medico ... e confermare il grande valore che l’Italia sa portare quando di parla di innovazione e tecnologia