Quasi due
terzi dei Comuni italiani con più di 20 mila abitanti hanno avviato progetti smart, che riguardano circa 42 milioni di persone
residenti in aree urbane e oltre 22 milioni nelle Città metropolitane. Molti di
questi progetti ha visto l’installazione
di sensori intelligenti e oggetti connessi in Rete, attraverso i quali le
amministrazioni contano di migliorare la
gestione di alcuni servizi chiave, come la pubblica sicurezza, i trasporti
urbani o l’illuminazione stradale.
La creazione di città 'senseable', in grado di raccogliere ed elaborare una grande
mole di informazioni su tutto ciò che accade sul territorio, è indubbiamente il
primo passo per sviluppare delle vere e proprie Smart City. Proprio la capacità
di disporre dei dati, saperli gestire e interpretare, dotandosi delle
infrastrutture necessarie, è tra i criteri fondamentali su cui Fpa ha costruito ICityRate 2016 , l’indice che misura la
‘smartness’ delle città italiane analizzando 106 capoluoghi.
In base a questa analisi, a salire sul podio sono Milano, Bologna e Venezia – Milano risulta
vincente non solo per la ricchezza media pro capite, ma anche per il notevole
numero di brevetti, la presenza di imprese di grandi dimensioni, la nascita di
luoghi dell’innovazione come i Fablab e i maker space, l’attenzione alla social
innovation e il sostegno economico a progetti e start-up.
Ma l’amministrazione pubblica può fare tutto da sè? Certamente no. Sull’importanza di attivare le
comunità urbane e sollecitare il
contributo dei cittadini è tornato la scorsa settimana anche Pier Attilio Superti, segretario
generale di Anci Lombardia, in
occasione del seminario "Smart City e Senseable City: tecnologie,
partecipazione e governance". Secondo Superti, non si può parlare di Smart City senza parlare di Smart Community, cioè
di luoghi vivi, dove le persone hanno la possibilità di collaborare al governo
delle risorse comuni e condividerne la responsabilità.
E voi, amici di ePart, vi sentite una Smart Community?